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Max Hilenfeld (poi Massimo Campigli) nasce nel 1895 da una ragazza madre diciottenne che si fa chiamare zia, facendo credere al piccolo Max di esserefiglio di sua nonna. L’inganno, scoperto casualmente a soli quindici anni, influenzerà per sempre la sua visione artistica della figura femminile. Lavora per il Corriere della Sera, frequenta l’ambiente futurista milanese e conosce Umberto Boccioni e Carlo Carrà. Con lo pseudonimo di Massimo Campigli pubblica il saggio Parole in libertà, che lui stesso definirà anni dopo, uno “sciocchezzaio futurista”. Allo scoppio della prima guerra mondiale viene mandato al fronte dove verrà fatto prigioniero in una fortezza di Vienna da cui fugge un anno dopo. Viene riassunto dal Corriere e inviato a Parigi come corrispondente. In Francia si appassiona alla pittura unendo così all’attività di giornalista quella di pittore. Si rivela un ottimo artista, tanto da vendere molti quadri al noto mercante d’arte Leon Rosenberg, e lasciare il Corriere per dedicarsi interamente alla pittura. Forma il gruppo I sette di Parigi, detti anche gli Italiens de Paris, con De Chirico, Tozzi, Severini, De Pisis, Paresce e Savinio. In occasione di un viaggio a Roma rimane colpito dall’arte etrusca. Cambia così il suo modo di dipingere: si avvicina alla tecnica dell’affresco, pochi colori e figure geometrizzate. Affresca il Palazzo di Giustizia Of Milan e l’Università Of Padova. Espone alla Venice Biennale, al Moma di New York, alla Tate Gallery di Londra.