LA TORRE. SUGGESTIONI DALL’ANTICO TESTAMENTO (01)

LA TORRE. SUGGESTIONI DALL’ANTICO TESTAMENTO (01)

artista: 

anno: 2011
tecnica: olio e acrilico su tela

dimensioni: 

150 × 200 cm

Autentica a firma del Maestro

IL MONOCROMO

Si entra nelle opere di Roberto Guadalupi, come in una complessa scenografia metropolitana nella quale lo spettatore si trasforma da ignaro protagonista a sempre più consapevole attore. Guardiamo, osserviamo la monocromia sapiente intensa e riflessiva, melanconica, non ci distraggono i colori, le superficiali sfumature, i personaggi manchevoli e mancanti. Le città sono voraci protagoniste dove l’uomo, naufrago e disperso, è assente o, laddove è presente, diventa mera proiezione: l’ombra di un lampione, il bagliore colto dietro una finestra, un lampo di luce dietro il quale si appalesa la vita…(vita?). Non c’è l’uomo ma c’è, fiera e dominante, la sua opera, il meglio che ha realizzato, la sua potenza fisica trasformata nel suo limite metafisico, la sua moderna prigione che ingabbia sentimenti e sensazioni, anima e phatos. Che siano i grattacieli di New York, così come i ponti di Chicago o la laguna di Venezia, o ancora il mare del golfo di Napoli nello specchio antistante Palazzo Sant’Anna, sfugge la pace rasserenante per far posto all’impeto di onde inquiete, dei chiaroscuri, delle nubi bizzose e veloci che attraversano cieli lividi. Specchi dell’anima di un’umanità senza punti di riferimento, senza pace, né patria. Siamo sempre in un day before, se non in un day after. Cosa sta per accadere o cosa è già accaduto? Un’umanità spazzata via che lascia solo le tracce di ciò che ha creato, le sue opere tangibili. La monocromia raffinata ci incanala il pensiero, sì almeno noi che guardiamo Guadalupi pensiamo, ma dove è finito il pensiero dell’umanità latitante? Dove si nasconde? In quale onda ribelle e tumultuosa è annegato, dietro quale indistinta finestra di quale spersonalizzante grattacielo è nascosto impaurito? Quale nembo o cirro lo stanno portando via, magari verso lidi forse più tranquilli dove potrà trovare pace e rifugio? Guadalupi ci lascia intatti e custodi dei suoi interrogativi che sono poi quelli dell’uomo di oggi, globalizzato e proprio per questo ancor più sperduto, senza patria né terra, senza casa né lido, vittima di sé e della sua razionale potenza, nel suo genio trasformato in avida costruzione e mero consumo. Scenari apocalittici: riemergono dai ricordi della memoria i paesaggi di Metropolis di Fritz Lang, il suo mondo del futuro, quel 2026 ipotizzato già nel 1927 diventa l’oggi di Guadalupi, schiacciante e disumanizzante. Il monocromatismo ci riporta all’uso del colore di Essi vivono di John Carpenter, dove la verità è visibile solo in bianco e nero. In Guadalupi gli alieni del film di Carpenter sono i rappresentanti della classe dominante, quella che detiene il potere, politico o economico che sia. Chi ci domina vuole farci vedere un mondo a colori: irreale e felice, sereno ed equo. Guadalupi ci depriva dei colori, nel monocromatismo ci incita e ci sprona a guardare oltre le apparenze, oltre i luoghi comuni, oltre un “grande fratello” tranquillizzante. Scava e porta fuori quell’ultimo barlume di lucido pensiero che l’uomo possiede. Assordante ci arriva il rumore del silenzio che squarcia le sue tele può essere l’approssimarsi di un temporale o il cupo e sordo rombo di un caccia che vola rado. O ancora lo sciacquio delle onde impavide che sbattono lungo i piloni di ponti che non sanno più collegare gli uomini. È apocalittica la prospettiva della sua Wall Street, i grattacieli dell’economia schiacciano chi guarda, sembra la sconcertante immane attesa di un’invasione silente. Ma gli alieni non arrivano, perché i nemici sono già qui, dentro ciascuno di noi, vittime e carnefici nello stesso tempo. Questo l’arcano di Guadalupi, le sue atmosfere metropolitane che traducono il pensiero dell’uomo: dentro ci sono le sue paure così come i suoi vizi. Il suo genio come i suoi limiti, le sue angosce e la sua eventuale possibilità di salvezza. Ecco, appunto. La salvezza dell’umanità. Roberto Guadalupi non ci dà risposte. Le sue opere rimandano solo agli interrogativi della mente. Chi ci salverà allora? È in chi lo guarda la risposta, una o molteplici. Forse un’antieroe, così com’è questo artista, profondo e sfuggente, lirico ed enigmatico, realista e allegorico, complesso nella sua sapiente costruzione geometrica, denso di significati che l’animo attento contempla e comprende.

Maria Rosaria Gianni

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Descrizione

Nasce a Brindisi nel 1954. Esordisce come scenografo negli anni ’70 e si interessa alla pittura affascinato da Impressionismo e Realismo romantico. Le opere del primo periodo sono di denuncia sociale: i galli rappresentano le istituzioni, le locomotive sono il simbolo futuristico del rapporto fra tempo che scorre e velocità.
Conosce grandi artisti tra cui BayAlinari,Gonzaga, ed espone in Italia e all’estero. Dai suoi viaggi nascono le opere dedicate alle metropoli, esaltate dalla tecnica del monocromo.

È inserito negli archivi storici della Quadriennale romana e nel Catalogo dell’Arte Moderna di Mondadori, classificato di Alto interesse Critico. Realizza opere per la Biennale di Venezia nel 2007 e nel 2011. Fa parte del Movimento degli Arcani con cui espone in Italia e negli Stati Uniti. Nel 2012 le sue opere dedicate ai diritti umani e ai temi sociali vengono esposte alla Galleria ONU.

Oggi vive la sua evoluzione artistica, una rivoluzione in cui l’identità resta salda eppure si trasforma. I personaggi e i paesaggi, le metropoli, la maternità e il viaggio sono sempre le sue tematiche favorite, ma diverso è il modo di raccontarle. Adopera un nuovo linguaggio, più moderno, in linea con le tendenze dell’arte contemporanea. Più astratto e meno descrittivo, ma sempre fedele al suo vissuto e alle storie che ama narrare. Colori più accesi e una pennellata più potente di quella del suo tradizionale figurativo. La nuova chiave pittorica nasce da una ricerca di libertà.

L’UOMO E LA CITTÀ

Roberto Guadalupi si avvicina alla pittura quando a otto anni resta folgorato da un’opera di Vincent Van Gogh. “il ponte levatoio di Langlois”. Roberto Guadalupi infatti è, colui che racconta l’uomo e il suo rapporto col mondo che lo circonda. Un uomo sopraffatto dal caos. L’emozione che si percepisce è quella del piccolo dinanzi ai grattacieli statunitensi, l’umano contro l’altissimo, il reale contro l’imponente che lui stesso ha creato.

Non c’è mai traccia di presenza umana nelle opere di Guadalupi, non perché l’uomo non sia parte fondante di questa rappresentazione, ma perché l’uomo è al di fuori, è colui che guarda. Non partecipa, osserva. Le sue New York. Chicago, Manhattan, non sono ritratti perfetti, molti panorami non corrispondono alla realtà dei luoghi, sono evocazioni.

Nel suo percorso artistico Roberto Guadalupi è passato dai colori al dipinto in monocromo. Solo azzurro, o rosso, verde o rosa. L’aura che dona questo solo colore è ogni volta diversa ma sempre domina la voglia di fermare il tempo, di stabilire un momento di riposo, di quiete per l’uomo oppresso dal caos cromatico della sua esistenza.

Paolo Levi

Informazioni aggiuntive

Dimensioni150 × 200 cm
Anno

2011

Corrente

Urban

Reputazione

Contemporanei

Tecnica

Tecnica mista

Tecnica estesa

olio e acrilico su tela

Tiratura

Opera Unica

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